SAN TOMMASO D’AQUINO SUMMA THEOLOGICA – LA VERGINITA’

SAN TOMMASO D’AQUINO SUMMA THEOLOGICA – LA VERGINITA’

La verginità

Passiamo quindi a considerare la verginità.
Sull’argomento tratteremo cinque problemi: 1. In che consista la verginità; 2. Se sia lecita; 3. Se sia una virtù; 4. La sua superiorità sul matrimonio; 5. La sua eccellenza rispetto alle altre virtù.

ARTICOLO 1

Se la verginità consista nell’integrità fisica

SEMBRA che la verginità non consista nell’integrità fisica. Infatti:
1. S. Agostino ha scritto, che “la verginità è lo studio costante di conservarsi incorrotti nella carne corruttibile”. Ma lo studio non riguarda il corpo. Dunque la verginità non consiste in un fatto fisico.
2. La verginità implica una certa pudicizia. Ma S. Agostino afferma che la pudicizia risiede nell’anima. Quindi la verginità non consiste nell’integrità materiale.
3. L’integrità fisica si riduce al segno del pudore verginale. Ma talora questo diaframma si rompe senza pregiudicare la verginità. Infatti S. Agostino ha scritto, che “questi organi possono essere feriti e violentati per vari accidenti; i medici, p. es., talora per motivi di salute vi compiono operazioni orribili; e certe ostetriche tolgono l’integrità mentre tentano di sincerarsene con il contatto”. E aggiunge: “Penso che nessuno sia tanto stolto da ritenere perduto qualche cosa della santità del corpo medesimo, per la perdita di questa integrità fisica”. Dunque la verginità non consiste in questa integrità materiale.
4. La corruzione della carne si ha specialmente nel distacco del seme; il che può avvenire anche senza copula, o nel sonno, o da svegli. Ma senza copula non sembra che si perda la verginità: poiché, come dice S. Agostino, “l’integrità verginale, come l’immunità da ogni copula mediante la continenza, è retaggio degli angeli”. Perciò la verginità non consiste nell’integrità fisica.

IN CONTRARIO: S. Agostino insegna, che la verginità è “la continenza che offre in voto, consacra e riserva al Creatore l’integrità dell’anima e del corpo”.

RISPONDO: Il termine verginità sembra che derivi da virente. E come si dice virente ciò che non ha provato scottature per eccesso di calore, così la verginità implica che la persona in cui essa risiede sia immune dalla scottatura della concupiscenza, che si ha nello sperimentare il più forte piacere corporale, che è il piacere venereo. S. Ambrogio infatti afferma, che “la castità verginale è l’integrità senza contaminazione”.
Ma nel piacere venereo si devono distinguere tre cose. La prima è di ordine fisico, e cioè la violazione del segno della verginità. La seconda è comune all’anima e al corpo: cioè l’emissione del seme che provoca un piacere sensibile. La terza poi riguarda l’azione soltanto: ed è il proposito di conseguire questo piacere. La prima di queste tre cose è solo accidentale nell’atto morale, il quale propriamente va considerato solo per le cose che riguardano l’anima. La seconda poi è solo materia dell’atto morale: infatti le passioni della sensibilità sono materia degli atti morali. La terza invece ne è l’elemento formale e costitutivo: poiché l’essenza degli atti morali sta nell’essere compiuti dalla ragione.
Ora, siccome la verginità si definisce come essenza della suddetta corruzione, è chiaro che l’integrità fisica è accidentale nella verginità. Invece l’assenza del piacere, connesso con l’emissione del seme, è la verginità solo materialmente. Ma il proposito di astenersi per sempre da tale piacere ne è come la forma e il costitutivo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quella definizione di S. Agostino esprime in retto ciò che è formale nella verginità; infatti col termine “studio” s’intende il proposito della ragione. Però l’aggettivo “costante” non va inteso nel senso che una vergine deve avere sempre un tale studio: ma deve avere il proposito di perseverarvi in perpetuo. L’elemento materiale è espresso in caso obliquo dicendo: “di conservarsi incorrotti nella carne corruttibile”. E questo per mostrare la difficoltà della verginità: poiché se la carne non fosse così corruttibile, non sarebbe difficile lo studio costante di rimanere incorrotti.
2. La pudicizia, come pure la verginità, è essenzialmente nell’anima, ma è materialmente nella carne. Cosicché, a detta di S. Agostino, “sebbene la verginità sia conservata nel corpo”, e sia quindi cosa materiale, “tuttavia è spirituale, per il fatto che a farne voto e a conservarla è la continenza dettata dalla pietà”.
3. L’integrità fisica, come abbiamo spiegato, è solo accidentale nella verginità: cioè nel senso che essa normalmente risulta dal proposito della volontà di astenersi dai piaceri venerei. Perciò se per altri motivi in qualche caso questa integrità si perde, non pregiudica la verginità più della lesione di una mano o di un piede.
4. Il piacere derivante dall’emissione del seme può avvenire in due modi. Primo, di proposito. E allora esso toglie la verginità, sia che lo si ottenga con la copula, sia in altra maniera. S. Agostino parla della copula, perché è questa la maniera più naturale e comune. – Secondo, questa emissione può avvenire in maniera preterintenzionale, o nel sonno, o per un atto di violenza, subito senza il consenso della volontà, sebbene la carne provi il piacere; oppure per malattia, come avviene in quelli che subiscono perdite di sangue o di sperma. E allora non si perde la verginità: poiché questa polluzione non è dovuta all’impudicizia che è incompatibile con la verginità.

ARTICOLO 2

Se la verginità sia illecita

SEMBRA che la verginità sia illecita. Infatti:
1. Tutto ciò che è contrario alla legge naturale è illecito. Ma come c’è un precetto di legge naturale per la conservazione dell’individuo, secondo le parole della Genesi: “Mangia il frutto di qualunque albero del paradiso”; così c’è un precetto di legge naturale per la conservazione della specie: “Crescete e moltiplicatevi, e riempite la terra”. Perciò, come peccherebbe contro il bene dell’individuo chi si astenesse da qualsiasi cibo, così pecca chi si astiene del tutto dall’atto della generazione, perché agisce contro il bene della specie.
2. Ogni agire che si allontana dal giusto mezzo è qualche cosa di peccaminoso. Ma la verginità si allontana dal giusto mezzo astenendosi da tutti i piaceri venerei: dice infatti il Filosofo, che “chi gusta tutti i piaceri, senza fare eccezioni, è un intemperante; però chi tutti li fugge è rozzo e insensibile”. Dunque la verginità è qualche cosa di peccaminoso.
3. Il castigo non è dovuto che al peccato. Ma presso gli antichi venivano puniti per legge quelli che passavano celibi tutta la vita, come dice Valerio Massimo. Perciò, come narra S. Agostino, “si dice che Platone abbia fatto un sacrificio, per cancellare come un peccato la sua perpetua continenza”. Quindi la verginità è peccato.

IN CONTRARIO: Nessun peccato può essere oggetto di consiglio. Ma la verginità è oggetto di consiglio; come si rileva dalle parole di S. Paolo: “Rispetto alle persone vergini non ho nessun precetto del Signore, ma do un consiglio”. Dunque la verginità non è qualche cosa d’illecito.

RISPONDO: Peccaminoso tra gli atti umani è quello che viene compiuto trascurando la retta ragione. La retta ragione, dunque esige che si usino i mezzi nella misura proporzionata al fine. Ora, i beni dell’uomo sono di tre specie, come nota Aristotele: i primi consistono nei beni esterni, tra i quali le ricchezze; i secondi sono i beni del nostro corpo; e i terzi sono i beni dell’anima, tra i quali i beni della vita contemplativa son superiori a quelli della vita attiva, stando all’insegnamento del Filosofo, e alle parole del Signore: “Maria ha scelto la parte migliore”. Ma di tutti questi beni quelli esterni sono ordinati ai beni del corpo; quelli del corpo ai beni dell’anima; e finalmente quelli propri della vita attiva a quelli della vita contemplativa. Perciò la rettitudine della ragione esige che si usino i beni esterni nella misura richiesta dal corpo: e così si dica degli altri beni. E quindi se uno si astiene dal possedere certe cose, che pure sarebbe bene possedere, per curare la salute del corpo, o la contemplazione della verità, questo non sarebbe peccaminoso, ma conforme alla retta ragione. Così è conforme alla retta ragione, che si astenga dai piaceri del corpo per attendere più liberamente alla contemplazione della verità.
Ora, la verginità consacrata si astiene da tutti i piaceri venerei, per attendere più liberamente alla contemplazione di Dio, secondo le parole dell’Apostolo: “La donna non maritata e la vergine si danno pensiero delle cose del Signore, volendo esser sante e di corpo e di spirito; ma la maritata è preoccupata delle cose del mondo, e del come possa piacere al marito”. Perciò la verginità non è qualche cosa di peccaminoso, ma di lodevole.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il precetto, come sopra abbiamo visto, ha natura di cosa doverosa. Ora, una cosa può essere doverosa in due maniere. Primo, come dovere dell’individuo: e questo dovere non si può trascurare senza peccato. Secondo, come dovere della società. E a compiere questo dovere non è tenuto ciascun membro della società: poiché molte sono le funzioni necessarie per la società, che il singolo non può adempiere, ma che sono assolte dalla collettività, con la divisione dei compiti. – Perciò il precetto di legge naturale relativo al cibo dev’essere soddisfatto da ciascuno: altrimenti non potrebbe conservarsi l’individuo. Invece il precetto relativo alla generazione riguarda tutta la società umana: la quale non esige soltanto la propagazione materiale, ma anche il progresso spirituale. Quindi alla società umana viene efficacemente provveduto per il fatto che alcuni attendono alla generazione, mentre altri, astenendosi da essa, attendono alla contemplazione delle cose di Dio, per il decoro e la salvezza di tutto il genere umano. Così anche nella milizia alcuni soldati custodiscono l’accampamento, altri portano le bandiere, e altri combattono con la spada: e tuttavia tutte queste cose son necessarie per l’esercito, ma ciascuno non le può compiere da solo.
2. Chi si astiene da tutti i piaceri contro la retta ragione, aborrendoli per se stessi, è rustico e insensibile. Ma chi è vergine non si astiene da tutti i piaceri, bensì dai soli piaceri venerei: e se ne astiene, come abbiamo visto, secondo la retta ragione. Però il giusto mezzo non va determinato materialmente, ma razionalmente, come nota il Filosofo. Infatti del magnanimo si dice, che “la sua grandezza lo porta all’estremo; ma poiché tale estremo è ciò che si richiede, rimane nel giusto mezzo”.
3. Le leggi son date per i casi più comuni. Ora, presso gli antichi era un caso raro, che uno per la contemplazione della verità si astenesse da tutti i piaceri venerei: e si legge che l’abbia fatto solo Platone. Perciò egli fece quel sacrificio non perché riteneva di aver fatto peccato, ma “cedendo alla falsa opinione dei suoi concittadini”, come dice S. Agostino.

ARTICOLO 3

Se la verginità sia una virtù

SEMBRA che la verginità non sia una virtù. Infatti:
1. A detta del Filosofo, “nessuna virtù è in noi per natura”. Ma la verginità invece è cosa innata: poiché nel nascere tutti son vergini. Dunque la verginità non è una virtù.
2. Come sopra abbiamo dimostrato, chi ha una virtù le deve aver tutte. Ma ci sono alcuni che hanno tutte le virtù senza avere la verginità: altrimenti nessuno potrebbe raggiungere il regno dei cieli, per cui sono richieste le virtù, senza la verginità; il che equivarrebbe a condannare il matrimonio. Dunque la verginità non è una virtù.
3. Tutte le virtù vengono restaurate dalla penitenza. Non così la verginità: poiché S. Girolamo ha scritto: “Pur potendo fare Dio ogni altra cosa, non può reintegrare una vergine dopo la caduta”. Perciò la verginità non è una virtù.
4. Una virtù non si perde che col peccato. Ma la verginità si può perdere senza peccato, cioè col matrimonio. Dunque la verginità non è una virtù.
5. La verginità si contrappone alla vedovanza e alla castità coniugale. Ma queste due ultime non sono virtù. Dunque non lo è neppure la verginità.

IN CONTRARIO: Scrive S. Ambrogio: “L’amore della verginità c’invita a dirne qualche cosa: per non sembrare che si passi sotto silenzio questa virtù che è una delle principali”.

RISPONDO: L’elemento formale e costitutivo della verginità, come sopra abbiamo detto, è il proposito di astenersi in perpetuo dai piaceri venerei; proposito che è reso lodevole dal fine, che è quello di attendere alle cose divine. Materia invece della verginità è l’integrità della carne, mediante la privazione assoluta del piacere venereo. Ora, è risaputo che dove c’è una materia speciale di una particolare eccellenza, deve trovarsi una speciale virtù: com’è evidente nel caso della magnificenza, che ha per oggetto le grandi spese, e per questo essa è una virtù speciale distinta dalla liberalità, la quale ha per oggetto l’uso del danaro in genere. Ebbene, conservarsi immuni da ogni esperienza del piacere venereo ha un’eccellenza superiore al conservarsi immuni da ogni piacere disordinato. Perciò la verginità è una virtù speciale, che sta alla castità come la magnificenza sta alla liberalità.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Gli uomini devono alla loro nascita ciò che è materiale nella verginità, cioè l’integrità della carne immune dall’esperienza del piacere venereo. Non devono invece alla natura l’elemento formale, e cioè il proposito di conservare codesta integrità per il Signore. Ma è da questo che la verginità ha natura di virtù. Ecco perché S. Agostino ha scritto: “Ciò che noi lodiamo nelle vergini non è il fatto di esser vergini; ma di essere vergini consacrate a Dio”.
2. La connessione delle virtù va riscontrata nel loro elemento formale, e cioè nella carità o nella prudenza, come sopra abbiamo spiegato: non già nella loro materia. Infatti niente impedisce che una persona virtuosa abbia la materia di una virtù, senza avere quella di un’altra: un povero, p. es., può avere la materia della temperanza, senza avere quella della munificenza. Parimenti uno può avere le altre virtù, senza la materia propria della verginità, che è l’integrità della carne. Tuttavia egli può avere l’elemento formale della verginità: cioè il proposito di conservare questa integrità come preparazione d’animo, cioè nel caso che questo da lui si esigesse. Così il povero può avere in preparazione d’animo il proposito di fare spese munifiche, nel caso che a lui fosse concesso: e chi è nella prosperità può avere in preparazione d’animo il proposito di sopportare con pazienza le avversità. E senza questa preparazione d’animo nessuno può essere virtuoso.
3. Le virtù vengono restaurate dalla penitenza nel loro elemento formale; non già nel loro elemento materiale. Poiché se una persona munifica dissipa le sue ricchezze, la penitenza non gliele restituisce. Parimenti chi perde col peccato la propria verginità, non può recuperare con la penitenza ciò che forma la materia di essa, ma solo il proposito di custodirla.
A proposito dell’elemento materiale della verginità c’è qualche cosa che può essere riparata da Dio, cioè l’integrità fisica, che è accidentale nella verginità, come sopra abbiamo visto. Ma c’è qualche cosa che non si può riparare neppure con un miracolo, e cioè il fatto che uno ha sperimentato il piacere venereo: poiché Dio non può fare che non siano avvenute le cose che sono avvenute, come sopra si disse.
4. La verginità in quanto virtù implica il proposito, confermato con voto, di custodire la propria integrità: infatti S. Agostino ha scritto, che mediante la verginità “si vota, si consacra e si serba al Creatore dell’anima e del corpo l’integrità della carne”. Dunque la verginità in quanto virtù non si può perdere che col peccato.
5. La castità coniugale merita lode solo perché si astiene dai piaceri illeciti: essa perciò non si distingue in nulla dalla castità comune. La vedovanza aggiunge qualche cosa alla castità comune: però non raggiunge ciò che è perfetto in questa materia, cioè l’immunità da tutti i piaceri venerei, il che è proprio della verginità. Ecco perché soltanto la verginità si considera una virtù speciale, che eccelle sulla castità, come la munificenza sulla liberalità.

ARTICOLO 4

Se la verginità sia superiore al matrimonio

SEMBRA che la verginità non sia superiore al matrimonio. Infatti:
1. S. Agostino afferma: “Il merito della continenza non è diverso in S. Giovanni, che rimase sempre celibe, e in Abramo che generò dei figli”. Ora, una virtù superiore ha un merito più grande. Dunque la verginità non è superiore alla castità coniugale.
2. La lode delle persone virtuose dipende dalla loro virtù. Se quindi la verginità fosse superiore alla continenza coniugale, qualsiasi vergine sarebbe più da lodarsi di qualsiasi donna sposata. Ma questo è falso. Quindi la verginità non è superiore al matrimonio.
3. Il bene comune è superiore al bene privato, come insegna il Filosofo. Ora, il matrimonio è ordinato al bene comune; dice infatti S. Agostino: “Quello che è il cibo per la vita dell’individuo, lo è la copula per la vita del genere umano”. Ma la verginità è ordinata al bene particolare, e cioè ad evitare, come dice S. Paolo, “la tribolazione della carne”, cui son soggetti gli sposati. Dunque la verginità non è superiore alla continenza coniugale.

IN CONTRARIO: S. Agostino insegna: “Possiamo riscontrare con sicure ragioni, e con i testi della Scrittura, che il matrimonio non è peccato, però senza raggiungere in bontà né la continenza coniugale, né quella vedovile”.

RISPONDO: Come risulta dagli scritti di S. Girolamo, fu questo l’errore di Gioviniano, il quale riteneva che la verginità non dovesse preferirsi al matrimonio. Il quale errore viene confutato specialmente, e dall’esempio di Cristo, il quale scelse una madre Vergine, e custodì egli stesso la verginità; e dall’insegnamento di S. Paolo, che consigliò la verginità come un bene migliore; e finalmente dalla ragione. Sia perché il bene divino è superiore al bene umano. Sia perché il bene dell’anima va preferito a quello del corpo. Sia perché i beni della vita contemplativa sono preferibili ai beni della vita attiva. Ora, la verginità è ordinata ai beni dell’anima secondo la vita contemplativa, che consiste nel “pensare alle cose di Dio”. Invece il matrimonio è ordinato al bene del corpo, cioè alla materiale moltiplicazione del genere umano: e appartiene alla vita attiva, poiché l’uomo e la donna che vivono nel matrimonio son costretti a “pensare alle cose del mondo”, come si esprime l’Apostolo. Perciò non c’è dubbio che la verginità va preferita alla continenza coniugale.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il merito non si misura soltanto dall’atto compiuto, ma dalle disposizioni di chi lo compie. Ora, Abramo aveva l’animo disposto a osservare la verginità, se ai suoi tempi fosse stato doveroso. Ecco perché il merito della sua continenza coniugale poté uguagliare il merito della continenza verginale di S. Giovanni rispetto al premio sostanziale: non già rispetto al premio accidentale. Infatti S. Agostino ha scritto, che “il celibato di Giovanni e il matrimonio di Abramo hanno militato entrambi per Cristo, secondo l’opportunità dei tempi: Giovanni però ebbe la continenza effettiva, mentre Abramo l’ebbe solo come disposizione interiore”.
2. Sebbene la verginità sia migliore della continenza coniugale, tuttavia uno sposato può essere migliore di un vergine, e questo per due motivi. Primo, dal lato stesso della castità: nel caso che lo sposato abbia una maggiore prontezza d’animo a conservare la verginità, se le circostanze lo esigessero, di quanto non l’abbia chi è vergine effettivamente. Ecco perché S. Agostino’ suggerisce a chi è vergine queste parole: “Io non sono migliore di Abramo; però la castità dei celibi è superiore alla castità degli sposati”. E porta la ragione: “Quello che ora io faccio, egli l’avrebbe fatto meglio, se fosse stato opportuno: e quello che han compiuto i Patriarchi io non l’avrei fatto così bene, anche se avessi dovuto farlo adesso”. – Secondo, perché chi non è vergine può avere altre virtù più eccellenti. Di qui le altre parole di S. Agostino: “Una vergine, anche se preoccupata interamente delle cose del Signore, come può sapere di non essere preparata al martirio per un difetto occulto; mentre la sposa cui essa si preferiva è già pronta a bere il calice della passione del Signore?”.
3. Il bene comune è superiore al bene privato, se è del medesimo genere: ma talora il bene privato è di natura superiore. È così che la verginità consacrata a Dio è superiore alla fecondità della carne. Ecco perché S. Agostino afferma “non potersi credere che la fecondità della carne, anche di quelle donne le quali nel tempo presente altro non cercano nel matrimonio che una prole da consacrare a Dio, possa compensare la verginità perduta”.

ARTICOLO 5

Se la verginità sia la più grande di tutte le virtù

SEMBRA che la verginità sia la più grande di tutte le virtù. Infatti:
1. S. Cipriano ha scritto: “Ora, ci rivolgiamo alle vergini, di cui tanto maggior cura dobbiamo avere, quanto ne è più grande la gloria. Questo è il fiore della pianta della Chiesa, il decoro e l’ornamento della grazia spirituale, la parte più eletta del gregge di Cristo”.
2. Un premio maggiore si deve a una virtù più grande. Ma alla verginità, secondo la Glossa, si deve il premio più cospicuo, cioè il centuplo di cui parla il Vangelo. Quindi la verginità è la più grande delle virtù.
3. Una virtù è tanto più grande, quanto con essa ci si conforma maggiormente a Cristo. Ora, uno si rende massimamente conforme a Cristo mediante la verginità: poiché si legge nell’Apocalisse che i vergini “seguono l’Agnello dovunque vada”; e “cantano un cantico nuovo che nessun altro può cantare”. Perciò la verginità è la più grande delle virtù.

IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: “Per quanto io sappia, nessuno ha mai osato preferire la verginità alla vita monastica”. E ancora: “L’autorità della Chiesa dà questa chiara testimonianza, mostrando ai fedeli dove nei sacri misteri dell’altare vanno recitati i nomi del martiri, e dove i nomi delle vergini defunte”. Dalle quali parole si può desumere che il martirio e lo stato religioso sono da preferirsi alla verginità.

RISPONDO: Una cosa può essere considerata la più grande in due maniere. Primo, in un genere determinato. E in tal senso, ossia nell’ambito della castità, la verginità è la virtù più sublime: perché è superiore alla castità vedovile e coniugale. E poiché alla castità si attribuisce per antonomasia la bellezza, è chiaro che alla verginità va attribuita la più splendida bellezza. Di qui le parole di S. Ambrogio: “Quale bellezza si può stimare più grande di quella di una vergine, che è amata dal Re, ha la compiacenza del Giudice, è dedicata al Signore, e consacrata a Dio?”.
Secondo, una cosa può essere la più grande in maniera assoluta. E in tal senso la verginità non è la più grande delle virtù. Il fine infatti è sempre superiore ai mezzi ad esso ordinati: e tra i mezzi sono migliori quelli più direttamente ordinati al fine. Ora, il fine che rende lodevole la verginità è l’attendere alle cose di Dio, come sopra abbiamo notato. Perciò le virtù teologali, e la stessa virtù di religione, che si esercitano occupandosi direttamente delle cose di Dio, sono da preferirsi alla verginità. – Parimenti, per aderire a Dio agiscono con più ardore i martiri, che a tale scopo rinunziano alla vita; e così pure le persone che vivono in monastero, le quali rinunziano per questo alla propria volontà e a quanto potrebbero avere, che non le vergini, le quali hanno rinunziato ai piaceri venerei. Perciò la verginità non è in modo assoluto la più grande delle virtù.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le vergini sono “la parte più eletta del gregge di Cristo”, e “la loro gloria è più grande”, in confronto alle vedove e alle donne sposate.
2. S. Girolamo attribuisce il centuplo alla verginità per la sua eccellenza rispetto alla vedovanza, cui si attribuisce il sessanta, e al matrimonio, cui si attribuisce il trenta per uno. Invece S. Agostino afferma, che “il centuplo si ha nel martirio, il sessanta per uno nella verginità e il trenta nello stato matrimoniale”. Perciò da quel testo non segue che la verginità sia la più grande delle virtù in senso assoluto, ma solo in rapporto alle altre specie di castità.
3. I vergini “seguono l’Agnello dovunque vada”, perché imitano Cristo non solo con l’integrità dello spirito, ma anche con l’integrità della carne, come dice S. Agostino: perciò essi seguono l’Agnello in più cose. Però non è detto che lo seguano più da vicino: poiché altre virtù fanno più intimamente aderire a Dio con una imitazione spirituale. – “Il cantico nuovo” poi, che i soli vergini possono cantare, è la gioia che essi hanno della loro perfetta integrità.


 
 
 

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