SAN TOMMASO D’AQUINO SUMMA THEOLOGICA – LA SPECIE DELLA LUSSURIA

SAN TOMMASO D’AQUINO SUMMA THEOLOGICA – LA SPECIE DELLA LUSSURIA

La specie della lussuria

Veniamo finalmente a esaminare le varie specie della lussuria.
Sull’argomento svolgeremo dodici articoli: 1. La divisione della lussuria nelle sue specie; 2. Se la semplice fornicazione sia peccato mortale; 3. Se sia il più grave dei peccati; 4. Se nei toccamenti, baci e altri mancamenti del genere possa esserci peccato mortale; 5. Se la polluzione notturna sia peccato; 6. Lo stupro; 7. Il ratto; 8. L’adulterio; 9. L’incesto; 10. Il sacrilegio; 11. Il peccato contro natura; 12. Ordine di gravità tra le suddette specie di peccati.

ARTICOLO 1

Se sia giusto dividere la lussuria in sei specie

SEMBRA che non sia giusto dividere la lussuria in queste sei specie: semplice fornicazione, adulterio, incesto, stupro, ratto e peccato contro natura. Infatti:
1. La diversità di materia non dà diversità di specie. Ora, la suddetta divisione è desunta dalla diversità di materia: e cioè dal peccare con una sposata, o con una vergine, o con donne di altra condizione. Perciò questo non può dare diverse specie di lussuria.
2. Le specie di un peccato non sembra che possano differenziarsi per cose che appartengono ad altri peccati. Ma l’adulterio si distingue dalla semplice fornicazione solo per il fatto che uno usa della moglie altrui, commettendo un’ingiustizia. Dunque l’adulterio non va posto tra le specie della lussuria.
3. Come capita che uno abusi della donna che è unita a un altro nel matrimonio, così può capitare che si abusi di una donna unita a Dio da un voto. Perciò tra le specie della lussuria come c’è l’adulterio, così ci deve essere il sacrilegio.
4. Chi è unito in matrimonio non pecca soltanto unendosi con un’altra donna, ma anche usando male della propria moglie. E questo peccato rientra in quelli di lussuria. Dunque doveva essere elencato tra le specie di essa.
5. Così scrive l’Apostolo ai Corinzi: “Temo che venendo io, il mio Dio mi umili di nuovo rispetto a voi, e io abbia a piangere molti di quelli che prima hanno peccato e non si sono pentiti dell’impurità e fornicazione e della impudicizia che hanno commesso”. Quindi, come la fornicazione, anche “l’impurità” e “l’impudicizia” dovevano essere elencate tra le specie della lussuria.
6. Ciò che va diviso non può essere uno dei termini della divisione. Invece la lussuria è posta tra le specie suddette, come risulta da quelle parole di S. Paolo: “Or le opere della carne è chiaro quali sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, lussuria”. Dunque non è giusto mettere la fornicazione tra le specie della lussuria.

IN CONTRARIO: La predetta divisione si riscontra nel Decreto (di Graziano).

RISPONDO: Il peccato di lussuria consiste nell’uso irragionevole del piacere venereo. E questo disordine può avvenire in due modi: primo, per la materia in cui uno cerca il piacere; secondo, per l’inosservanza delle altre debite circostanze. Ma poiché la circostanza come tale non dà la specie all’atto morale, che invece deriva dall’oggetto, ossia dalla materia dell’atto, era necessario determinare le specie della lussuria in rapporto alla materia, ossia all’oggetto.
Ebbene, questa può ripugnare alla retta ragione in due maniere. Primo, perché incompatibile col fine dell’atto venereo. E in quanto ne risulta impedita la generazione della prole si ha il peccato contro natura, che si commette in ogni atto venereo da cui non può seguire la generazione. – In quanto poi ne risulta impedita l’educazione e la buona formazione della prole, si ha la semplice fornicazione, che avviene tra due persone libere.
Secondo, la materia in cui si esercita l’atto venereo può ripugnare alla retta ragione in rapporto ad altre persone. E questo per due motivi. Primo, in rapporto alla donna di cui si abusa, senza rispettarne l’onore. E allora si ha l’incesto, il quale consiste nell’abuso di donne unite da vincoli di consanguineità o di affinità. – Secondo, in rapporto alla persona sotto il cui potere la donna violata si trova. Che, se è sotto il potere del marito, si ha l’adulterio; se sotto il potere del padre, si ha lo stupro, quando non si usa violenza; e si ha il ratto nel caso di violenza.
Tutte queste specie si desumono più da parte della donna, che da parte dell’uomo. Poiché nell’atto venereo la donna funge da elemento passivo e materiale, l’uomo invece da causa agente. E le specie ricordate, come si diceva, sono determinate appunto secondo le differenze della materia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le suddette differenze di materia implicano diversità formali di oggetti, impostate sulle diverse maniere di ripugnanza con la retta ragione, secondo le spiegazioni date.
2. Niente impedisce che nel medesimo atto si assommino i disordini di più vizi, come sopra abbiamo detto. E quindi l’adulterio rientra nella lussuria e nell’ingiustizia. – Né si dica che il disordine dell’ingiustizia è del tutto accidentale rispetto alla lussuria. Infatti tanto più grave si rivela la lussuria, in quanto uno si fa trascinare dalla concupiscenza fino a commettere un’ingiustizia.
3. La donna che fa voto di castità fa un matrimonio spirituale con Dio. Perciò il sacrilegio che si compie violando codesta donna si riduce a un adulterio spirituale. E così gli altri tipi di sacrilegio in questo campo si riducono ad altre specie di lussuria.
4. Il peccato degli sposati con le loro mogli non si compie perché la materia è indebita, ma per altre circostanze. E queste, come sopra abbiamo visto, non determinano la specie dell’atto morale.
5. Come dice la Glossa, in quel testo paolino “impurità” sta per “lussuria contro natura”. “L’impudicizia è quella che si compie con donne non sposate”; e quindi pare che si riduca allo stupro.
Ma si può anche pensare che l’impudicizia riguardi certi atti che accompagnano l’atto venereo, come baci, toccamenti e altre cose del genere.
6. Come spiega la Glossa, in quel testo lussuria sta per “qualsiasi specie di eccesso”.

ARTICOLO 2

Se la semplice fornicazione sia peccato mortale

SEMBRA che la semplice fornicazione non sia peccato mortale. Infatti:
1. Cose elencate nella medesima enumerazione sono da considerarsi alla pari. Ora, la fornicazione venne enumerata dagli Apostoli tra pratiche che non sono peccati mortali: “Astenetevi dalle cose immolate agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati, e dalla fornicazione”; e l’uso di queste altre cose non è peccato mortale, stando alle parole di S. Paolo: “Nessuna cosa è da rigettare, se presa con azioni di grazie”. Perciò la fornicazione non è peccato mortale.
2. Nessun peccato mortale può essere comandato da Dio. Ma ad Osea il Signore comandò: “Va, prendi per moglie una prostituta, e genera figlioli di fornicazione”. Dunque la fornicazione non è peccato mortale.
3. Nella Scrittura non è mai riferito un peccato mortale senza biasimo. Invece la semplice fornicazione degli antichi Patriarchi viene da essa riferita senza rimproveri: così si legge di Abramo che usò della sua schiava Agar; di Giacobbe, il quale si unì con le schiave delle sue mogli Balam e Zelfa; e si legge di Giuda che si unì con Tamar, da lui creduta una meretrice. Quindi la semplice fornicazione non è peccato mortale.
4. Tutti i peccati mortali sono contrari alla carità. La semplice fornicazione invece non è contraria alla carità: né rispetto all’amore di Dio, non essendo essa un peccato diretto contro Dio; né rispetto all’amore del prossimo, perché con essa non si fa torto a nessuno. Dunque la fornicazione non è peccato mortale.
5. Ogni peccato mortale conduce alla perdizione eterna. Non così la semplice fornicazione; poiché spiegando quel passo di S. Paolo, “La pietà è utile a tutto”, S. Ambrogio afferma: “Tutto l’insegnamento di Cristo si riduce alla misericordia e alla pietà. Chi è fedele in questo, anche se soccombe alle attrattive della carne, senza dubbio sarà punito, ma non perirà”. Quindi la fornicazione semplice non è peccato mortale.
6. S. Agostino ha scritto che “la copula è per la vita del genere umano, quello che è il cibo per la vita del corpo”. Ma non ogni disordine nel mangiare è peccato mortale. Perciò neppure ogni copula disordinata. E questo vale soprattutto per la semplice fornicazione, che è la meno grave delle specie elencate.

IN CONTRARIO: 1. In Tobia si legge: “Tienti lontano da ogni fornicazione, e non ti permettere mai di commettere un crimine con una che non sia tua moglie”. Ora, il termine crimine implica peccato mortale. Dunque la fornicazione, e ogni commercio carnale fuori del matrimonio, è peccato mortale.
2. Solo il peccato mortale esclude dal regno dei cieli. Ma tale è l’effetto della fornicazione, come risulta da quel testo di S. Paolo, in cui dopo aver elencato la fornicazione tra altri peccati, conclude: “Quelli che fanno codeste cose non avranno in eredità il regno di Dio”. Perciò la fornicazione semplice è peccato mortale.
3. Nel Decreto (di Graziano) si legge: “Devono sapere che allo spergiuro va imposto tale castigo, quale è il castigo dell’adulterio e della fornicazione, dell’omicidio volontario, e degli altri delitti criminali”. Dunque la fornicazione semplice è un peccato criminale, cioè mortale.

RISPONDO: Si deve ritenere senza nessun dubbio che la fornicazione semplice è peccato mortale, sebbene la Glossa nel commentare un passo del Deuteronomio dica: “Proibisce di praticare le meretrici, la cui turpitudine è veniale”. Infatti non si deve leggere veniale ma venale, il che è proprio delle meretrici.
Per ben chiarire la cosa si deve notare che sono mortali tutti i peccati commessi direttamente contro la vita dell’uomo. Ora, la fornicazione implica un disordine che nuoce alla vita di chi può nascere da un simile atto. Vediamo infatti che gli animali, nei quali per l’educazione della prole si richiede la cura del maschio e della femmina, non praticano la copula occasionale, ma l’unione del maschio con una data femmina: com’è evidente nel caso degli uccelli. Diverso è il caso degli animali in cui la sola femmina basta ad allevare i piccoli: in essi c’è l’accoppiamento occasionale, come avviene nei cani e in altri animali del genere. Ora, è evidente che per educare un uomo non si richiede soltanto la cura della madre che deve allattare, ma ancora di più si esige la cura del padre, che deve istruirlo e difenderlo, e provvederlo sia di beni esterni che di beni interiori. Perciò è contro la natura dell’uomo la copula occasionale, ma è necessaria l’unione di un uomo con una determinata donna, con la quale egli deve convivere non per un po’ di tempo, ma a lungo, o meglio per tutta la vita. Ecco perché nella specie umana per natura l’uomo si preoccupa d’esser sicuro della sua prole, perché a lui incombe il dovere di educarla. Ma questa sicurezza verrebbe tolta, se fosse in uso la copula occasionale. – Ebbene, questa determinazione a una data donna si chiama matrimonio. Ed è per questo che esso si dice di diritto naturale. Ma poiché la copula è ordinata al bene comune di tutto il genere umano; e i beni comuni sono oggetto delle determinazioni della legge, come sopra abbiamo visto; è evidente che questa unione dell’uomo e della donna, denominata matrimonio, va determinata da qualche legge. Ma di questo parleremo nella Terza Parte di quest’opera, nel trattare sul sacramento del matrimonio. – Perciò siccome la fornicazione è una copula occasionale, perché fatta fuori del matrimonio, è contraria al bene della prole. E quindi è peccato mortale.
Poco importa che qualcuno nel commettere fornicazione con una donna provveda poi efficacemente all’educazione della prole. Poiché le disposizioni di legge vanno date secondo ciò che accade ordinariamente, e non secondo quello che può accadere in qualche caso.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La fornicazione fu enumerata (dagli Apostoli) con quelle altre pratiche, non perché era alla pari con esse per la colpevolezza; ma perché alla pari con esse poteva provocare un dissidio tra giudei e gentili, e impedire la loro concordia. Poiché presso i gentili, per la corruzione della ragione naturale, la fornicazione semplice non era considerata illecita: i giudei al contrario, istruiti dalla legge divina, la reputavano illecita. Invece le altre cose ricordate in quel testo erano abominate dai giudei, perché abituati alle osservanze legali. Perciò gli Apostoli le proibirono non perché intrinsecamente illecite; ma perché, come abbiamo detto, erano in abominio presso i giudei.
2. La fornicazione è peccato in quanto è contraria alla retta ragione. Ma la ragione umana è retta in quanto è regolata dalla volontà di Dio, che è la regola prima e suprema. Perciò quello che l’uomo compie per volontà di Dio, obbedendo ai suoi comandi, non è contro la retta ragione, sebbene sia contro l’ordine consueto della ragione: come del resto non è contro natura un fatto miracoloso compiuto dalla potenza divina, sebbene sia contro il corso ordinario della natura. Perciò, come non peccò Abramo nel voler uccidere il suo figliuolo innocente, perché obbediva a Dio, sebbene in se stesso questo sia ordinariamente contro la rettitudine della ragione umana; così non peccò Osea nel fornicare per comando di Dio. Anzi tale accoppiamento a rigore non si può chiamare fornicazione: sebbene sia così chiamata in rapporto alla norma comune. Di qui le parole di S. Agostino: “Quando Dio comanda una cosa contro le usanze, o le decisioni di chicchessia, sebbene ciò non sia stato mai fatto, bisogna farlo… Infatti come tra i poteri umani quello superiore può comandare all’inferiore, così Dio può comandare a tutti”.
3. Abramo e Giacobbe usarono delle loro ancelle, senza commettere fornicazioni, come vedremo in seguito nel trattato del matrimonio. – Giuda invece non è necessario scusarlo dal peccato, avendo egli venduto anche suo fratello Giuseppe.
4. La fornicazione semplice è contraria all’amore verso il prossimo precisamente perché, come abbiamo già spiegato, il suo atto generativo è incompatibile col bene della prole che ne potrebbe nascere.
5. Chi soccombe alle attrattive della carne è liberato dalla perdizione eterna per le opere di bene, o perché con tali opere si predispone a ricevere la grazia del pentimento, o in quanto soddisfa con codeste opere ai peccati commessi. Ma non nel senso che perseverando impenitente nei peccati della carne fino alla morte, possa essere liberato dalle opere di misericordia.
6. Un uomo può essere generato da una sola copula. Perciò il disordine della copula, che impedisce il bene dell’eventuale prole, è peccato mortale nel suo genere: e non soltanto per il disordine della concupiscenza. Invece non basta una mangiata a impedire tutto il bene di un individuo umano: perciò l’atto di gola non è nel suo genere peccato mortale. Lo sarebbe però, se uno a ragion veduta prendesse un cibo capace di cambiare tutta la sua condizione di vita; come nel caso di Adamo. – E neppure è vero che la fornicazione sia il più piccolo dei peccati di lussuria. Infatti minore è la copula tra coniugi fatta per il solo piacere.

ARTICOLO 3

Se la fornicazione sia il più grave dei peccati

SEMBRA che la fornicazione sia il più grave dei peccati. Infatti:
1. Un peccato è tanto più grave, quanto maggiore è la brama da cui procede. Ma nella fornicazione la brama è violentissima; ché a detta della Glossa, il massimo ardore della brama si ha nella lussuria. Quindi la fornicazione è il più grave dei peccati.
2. Uno pecca tanto più gravemente quanto più è unita a sé la cosa contro cui pecca: è più grave, p. es., percuotere il proprio padre che percuotere un estraneo. Ora, come dice S. Paolo, “chi commette fornicazione fa un peccato contro il proprio corpo”, che è cosa unitissima all’uomo. Perciò la fornicazione è il più grave peccato.
3. Quanto maggiore è il bene, tanto più grave è il peccato che si commette contro di esso. Ma il peccato di fornicazione è contro il bene di tutto il genere umano, stando alle cose già dette. Inoltre è contro Cristo, secondo l’espressione paolina: “Prenderò le membra di Cristo per farne membra di meretrice?”. Dunque la fornicazione è il più grave dei peccati.

IN CONTRARIO: S. Gregorio insegna che i peccati carnali sono meno gravi dei peccati spirituali.

RISPONDO: La gravità di un peccato si può determinare in due modi: primo, in senso assoluto; secondo, in senso relativo. In senso assoluto la gravità di un peccato si determina in base alla sua specie, che risulta dal bene al quale codesto peccato si contrappone. Ora, la fornicazione si contrappone al bene della prole che dovrebbe nascere. Perciò essa è un peccato che per la sua specie è più grave dei peccati contro i beni esterni, cioè del furto, p. es.: è minore invece dei peccati che sono direttamente contro Dio, e di quelli contro la vita di un uomo già esistente, come, p. es., l’omicidio.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La brama che aggrava il peccato è quella che si riduce all’inclinazione della volontà. La brama invece dell’appetito sensitivo diminuisce il peccato: poiché quanto più uno è spinto dalla passione, tanto più leggero è il suo peccato. È in questo senso che è fortissima la brama nella fornicazione. Ecco perché S. Agostino ha scritto, che “tra tutti i combattimenti del cristiano i più duri sono quelli della castità, in cui la lotta è quotidiana, e rara è la vittoria”. E S. Isidoro afferma, che “il genere umano viene più sottomesso al demonio da questo vizio, che da qualsiasi altro”: poiché è più difficile vincere la violenza di questa passione.
2. Si dice che il fornicatore pecca contro il proprio corpo, non solo perché il piacere della fornicazione si produce nella carne, il che avviene anche nel peccato di gola: ma anche perché agisce contro il bene del proprio corpo, che egli in maniera indegna snerva e profana accoppiandolo con altri. Tuttavia non ne segue che la fornicazione sia il più grave dei peccati: perché nell’uomo la ragione è superiore al corpo; e quindi se ci sono dei peccati più contrari alla ragione, questi sono più gravi.
3. Il peccato di fornicazione è contrario al bene della specie umana in quanto compromette il bene di un nascituro. Ora, è più incluso nella specie chi già attualmente ne partecipa, di un uomo che è tale solo in potenza. E quindi anche da questo lato un omicidio è più grave di una fornicazione, e di tutti gli altri peccati di lussuria, perché più incompatibile col bene della specie umana. – Inoltre il bene divino è superiore al bene della specie umana. Perciò anche i peccati contro Dio sono più gravi. – Né la fornicazione è un peccato diretto contro Dio, come se il fornicatore mirasse all’offesa di Dio: ma lo è solo indirettamente, come tutti i peccati mortali. Infatti come le membra del nostro corpo sono membra di Cristo, così il nostro spirito è una sola cosa con Cristo, come dice S. Paolo: “Chi si unisce al Signore forma un’unico spirito con lui”. Quindi i peccati spirituali sono contro Cristo più della fornicazione.

ARTICOLO 4

Se toccamenti e baci possano costituire peccato mortale

SEMBRA che toccamenti e baci non possano costituire peccato mortale. Infatti:
1. Così l’Apostolo scrive agli Efesini: “Fornicazione e qualsiasi impudicizia, o avarizia non si nominino neppure tra voi, come conviene ai santi”. Aggiunge poi, secondo il commento della Glossa: “E neppure sconcezze”, come baci, ed abbracci; “o frivolezze”, come le parole svenevoli; “o scurrilità”, “che gli stolti chiamano galanterie, ossia parole scherzose”. Ma poi conclude: “Ora, questo dovete ben capire che ogni fornicatore, o impudico, o avaro, che equivale a idolatra, non ha eredità nel regno di Cristo e di Dio”, senza dire più nulla della sconcezza, della frivolezza, e della scurrilità. Perciò queste ultime non sono peccati mortali.
2. La fornicazione è peccato mortale, perché con essa s’impedisce il bene della prole da generare e da educare. Ma i baci, i toccamenti e gli abbracci non compromettono questo. Dunque in essi non c’è peccato mortale.
3. Gli atti che di suo non son peccati mortali non si possono mai compier bene. Invece i baci, i toccamenti e le altre cose del genere talora si possono praticare senza peccato. Quindi di suo non sono peccato mortale.

IN CONTRARIO: 1. Uno sguardo impudico è meno di un toccamento, di un abbraccio, o di un bacio. Ma uno sguardo impudico è peccato mortale, secondo quelle parole evangeliche: “Chiunque guarda una donna per desiderarla ha già, in cuor suo, commesso adulterio con lei”. A maggior ragione, quindi, son peccati mortali il bacio libidinoso, e gli altri atti ricordati.
2. “Certamente”, scrive S. Cipriano, “la copula, gli abbracci, il colloquio e i baci, e il disonesto dormire insieme, tutto questo come parla di sconcezza e di crimine”. Dunque con questi atti uno diventa reo di crimine, cioè di peccato mortale.

RISPONDO: Un atto può essere peccato mortale in due maniere. Primo, per la sua specie, o natura. E in tal senso il bacio, l’abbraccio e i toccamenti di suo non sono peccati mortali. Poiché queste cose si possono fare senza libidine: o per le usanze del luogo, o per qualche necessità, o per motivi ragionevoli.
Secondo, un atto può essere peccato mortale per la causa che lo provoca: così chi fa l’elemosina per indurre un uomo all’eresia commette peccato mortale per la cattiva intenzione. Ora, come sopra abbiamo detto, è peccato mortale non solo consentire all’attuazione di un peccato, ma anche il semplice consenso al piacere di un peccato mortale. Perciò, siccome la fornicazione, e più ancora le altre specie di lussuria, sono peccato mortale, il consentire al piacere della fornicazione, anche senza consentire all’atto, è peccato mortale. E siccome i baci, gli abbracci e gli altri gesti consimili si compiono per il piacere suddetto, è chiaro che sono peccati mortali. Ed è solo per questo che son detti libidinosi. Codesti atti, dunque, in quanto libidinosi o impudichi, sono peccati mortali.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L’Apostolo non ripete le ultime tre cose, perché non sono peccati, se non in quanto sono ordinate alle tre precedenti.
2. Sebbene i baci e i toccamenti di suo non impediscano il bene della prole umana, tuttavia derivano dalla libidine, che è radice di tale impedimento. Di qui nasce la loro gravità di peccati mortali.
3. Il terzo argomento dimostra soltanto che questi atti non sono peccati mortali nella loro specie.

ARTICOLO 5

Se la polluzione notturna sia peccato

SEMBRA che la polluzione notturna sia peccato. Infatti:
1. Dove c’è merito ci può essere anche demerito. Ora, nel sonno uno può meritare: il che è evidente nel caso di Salomone, che dormendo impetrò da Dio il dono della sapienza. Dunque nel sonno si può anche demeritare. È chiaro quindi che la polluzione notturna è peccato.
2. Chi ha l’uso della ragione può peccare. Ma nel sonno si ha l’uso della ragione: perché nel sonno spesso si ragiona, e si preferisce una cosa a un’altra, consentendo o dissentendo. Dunque si può peccare nel sonno. E quindi il sonno non impedisce che la polluzione sia peccato, essendo tale per la natura dell’atto.
3. È inutile ammonire o istruire chi non può agire seguendo, o avversando la ragione. Ora, l’uomo nel sonno è istruito e ammonito da Dio, come si legge nel libro di Giobbe: “Per mezzo del sogno, nella visione notturna, quando il sopore si riversa sugli uomini allora egli ne apre le orecchie, e li erudisce istruendoli nella disciplina”. Dunque nel sonno uno può agire secondo o contro ragione: e quindi agir bene o peccare. Perciò la polluzione notturna è peccato.

IN CONTRARIO: S. Agostino ha scritto: “Appena la fantasia che accompagna il pensiero di chi parla di certe cose viene così presentata nel sogno da non potersi più distinguere l’immagine dalla copula carnale dei corpi, subito la carne si muove, e segue ciò che suol accompagnare questi moti; pur essendo questo senza peccato, come può essere senza peccato parlare da sveglio di certe cose, che indubbiamente è impossibile dire senza averci pensato”.

RISPONDO: La polluzione notturna può essere considerata in due modi. Primo, in se stessa. E così non ha natura di peccato. Ogni peccato, infatti, dipende dal giudizio della ragione: poiché anche i primi moti della sensualità non hanno natura di peccato, se non in quanto possono essere tenuti a freno col giudizio della ragione. Perciò tolto quest’ultimo, si toglie la malizia della colpa. Ora, nel sonno la ragione non è libera di giudicare: poiché non c’è nessuno che nel sonno non riguardi certe immagini della fantasia come delle realtà, secondo che abbiamo spiegato nella Prima Parte. E quindi quello che un uomo compie nel sonno, senza il libero giudizio della ragione, non gli si può imputare a colpa: come non si può imputare il loro agire ai pazzi furiosi e ai dementi.
Secondo, la polluzione notturna si può considerare in rapporto alle sue cause. Le quali possono essere di tre generi. La prima è di ordine fisiologico. Quando infatti nel corpo sovrabbondano gli umori seminali; oppure quando questi sono sul punto di defluire, o per l’eccessivo calore del corpo, o per qualsiasi altro stimolo, chi dorme sogna cose che si riferiscono all’emissione di questi umori, come avviene quando il fisico è gravato da altre superfluità; cosicché talora nell’immaginazione si formano dei fantasmi che riguardano l’espulsione di queste superfluità. Perciò se la sovrabbondanza di questi umori deriva da una causa colpevole, p. es., da un eccesso nel mangiare o nel bere, allora la polluzione notturna è colpevole in causa. Se invece la sovrabbondanza o l’emissione di questi umori non dipende da una causa peccaminosa, allora la polluzione notturna non è colpevole, né in sé, né in causa.
La seconda causa della polluzione notturna può essere psicologica: nel caso, p. es., che uno abbia la polluzione in seguito a un pensiero avuto in precedenza. E questo pensiero talora sarà stato puramente speculativo, p. es., quando uno pensa ai peccati carnali, per preparare una lezione a scuola; talora invece è accompagnato da sentimenti, o di attrattiva, o di ripulsa. Ebbene, la polluzione notturna segue con maggiore frequenza dal pensiero di peccati carnali che è accompagnato dall’attrattiva per codesti piaceri: perché tale pensiero lascia una traccia e un’inclinazione nell’anima, che induce più facilmente i dormienti ad assentire con la fantasia a quegli atti da cui segue la polluzione. Ecco perché il Filosofo affermava, che “i fantasmi dei virtuosi sono migliori degli altri: perché un po’ per volta certi moti si comunicano” dallo stato di veglia a quello di sonno. E S. Agostino insegna, che “per i buoni sentimenti dell’anima, certe sue virtù si rivelano anche nel sonno”. È evidente quindi che la polluzione notturna in questi casi è colpevole in causa. – Talora però essa può capitare in seguito a dei pensieri solo speculativi, accompagnati da sentimenti di ripulsa. E allora la polluzione non è colpevole neppure in causa.
La terza causa della polluzione è spirituale ed estrinseca: nel caso, cioè, che in ordine ad essa la fantasia dei dormienti sia mossa per opera del demonio. E questo talora avviene in seguito a un peccato precedente, cioè per la negligenza nel premunirsi contro le illusioni diaboliche. Ecco perché la sera (a Compieta) si canta: “Reprimi il nostro avversario, affinché i nostri corpi non abbiano la polluzione”. E nelle Collationes Patrum si legge che un monaco subiva la polluzione notturna tutti i giorni di festa, per opera del demonio, che voleva impedirgli la santa comunione.
Perciò è evidente che la polluzione notturna non è mai peccato: ma talora è la conseguenza di un peccato precedente.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Salomone, come spiega S. Agostino, non meritò da Dio la sapienza mentre dormiva; ma il sogno fu l’espressione di un desiderio precedente, per cui tale domanda piacque al Signore.
2. L’uso della ragione è ostacolato di più o di meno nel sonno, a seconda che le potenze sensitive sono più o meno sollecitate da vapori torbidi, o puri. Però un ostacolo c’è sempre che impedisce in qualche modo la libertà del giudizio, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. E quindi non è imputabile a colpa quello che allora uno compie.
3. Nel sonno la semplice apprensione intellettiva non è così impedita come il giudizio, il quale si compie mediante la riflessione sulle cose sensibili, che sono i primi principii della conoscenza umana. Perciò niente impedisce che un uomo dormendo possa apprendere intellettualmente qualche cosa di nuovo, o dai resti delle idee precedenti e dai fantasmi che si presentano; oppure per rivelazione divina, con l’intervento di angeli buoni o cattivi.

ARTICOLO 6

Se lo stupro debba considerarsi una determinata specie di lussuria

SEMBRA che lo stupro non debba considerarsi una specie determinata di lussuria. Infatti:
1. Lo stupro implica, come dice il Decreto (di Graziano), “l’illecita deflorazione di una vergine”. Ma questo può avvenire tra due persone libere, il che rientra nella fornicazione. Dunque lo stupro non va considerato una specie di lussuria distinta dalla fornicazione.
2. S. Ambrogio ammonisce: “Nessuno s’illuda con le leggi umane: ogni stupro è un adulterio”. Ma se due specie son distinte, l’una non può rientrare nell’altra. Quindi, siccome l’adulterio è una specie della lussuria, è chiaro che non può essere una specie distinta della lussuria lo stupro.
3. Fare ingiuria a qualcuno rientra più nell’ingiustizia che nella lussuria. Ma chi commette uno stupro fa ingiuria ad un altro, cioè al padre della ragazza sedotta, il quale può “ad arbitrio condonare l’ingiuria”, o muover causa contro il seduttore. Dunque lo stupro non va posto tra le specie della lussuria.

IN CONTRARIO: Propriamente lo stupro consiste nell’atto venereo che deflora una vergine. Ora, poiché la lussuria propriamente riguarda i piaceri venerei, è chiaro che lo stupro è una specie della lussuria.

RISPONDO: Quando la materia di un vizio presenta una speciale deformità, è necessario riconoscere in essa una specie determinata di quel vizio. Ora, la lussuria è un peccato riguardante l’atto venereo, come sopra abbiamo detto. E la deflorazione di una vergine, che è sotto la tutela dei genitori, presenta una speciale deformità. Sia da parte della ragazza, la quale, per il fatto che è stata violata senza nessun contratto matrimoniale precedente, è ridotta all’impossibilità di contrarre un legittimo matrimonio, o viene posta sulla via del meretricio, dal quale prima era trattenuta per il timore di perdere il segno della verginità. Sia da parte del padre che l’ha in custodia, conforme alle parole dell’Ecclesiastico: “Sopra una figliuola licenziosa accresci la vigilanza, perché non faccia di te il ludibrio dei nemici”. Perciò è evidente che lo stupro, che implica l’illecita deflorazione di vergini soggette alla cura dei genitori, è una specie determinata di lussuria.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene una vergine sia libera dal vincolo del matrimonio, non è libera dall’autorità paterna. Inoltre essa ha uno speciale impedimento alla copula peccaminosa nel segno della verginità, il quale non deve essere infranto che dal matrimonio. Perciò la semplice fornicazione non è uno stupro, ma è la copula “fatta con le meretrici”, cioè con donne già violate; il che è evidente nella Glossa che accompagna quel testo paolino: “Che non si sono pentiti dell’impurità e della fornicazione, ecc.”.
2. In quel testo S. Ambrogio usa il termine stupro per un qualsiasi peccato di lussuria. Infatti chiama stupro la copula di uno sposato con qualsiasi altra donna che non sia la moglie. Il che è evidente dalle parole che seguono: “Non è lecito all’uomo quel che non è lecito alla donna”. E in tal senso vien preso anche in quel passo dei Numeri: “Se l’adulterio rimane occulto, e non si può provare con i testimoni, perché non fu sorpresa nello stupro, ecc.”.
3. Niente impedisce che un peccato diventi più grave assommandosi con un altro. Un peccato di lussuria, quindi, diventa più turpe con un peccato d’ingiustizia: poiché la concupiscenza che non rifugge dall’ingiustizia si rivela più sregolata. E lo stupro implica due ingiustizie. La prima rispetto alla vergine che viene sedotta, anche se non viene violentata: e si è tenuti a riparare. Nell’Esodo infatti si legge: “Se uno sedurrà una vergine non ancora fidanzata, e userà con lei, la doterà e la prenderà in moglie. Se il padre della fanciulla non gliela vorrà dare, (il seduttore) gli sborserà una somma pari alla dote che le fanciulle sogliono ricevere”. – La seconda ingiuria vien fatta al padre della fanciulla. E secondo la legge anche per questo è prevista una pena. Sta scritto infatti nel Deuteronomio: “Se un uomo trova una fanciulla vergine, non ancora fidanzata, e si accoppia con essa, se la cosa vien recata in giudizio, quegli che violò la fanciulla darà al padre di lei cinquanta sicli d’argento e la prenderà in moglie; e poiché l’ha disonorata, non potrà ripudiarla in tutto il tempo della sua vita”. E questo a detta di S. Agostino, “per mostrare di non averli voluti ingannare”.

ARTICOLO 7

Se il ratto sia una specie di lussuria distinta dallo stupro

SEMBRA che il ratto non sia una specie di lussuria distinta dallo stupro. Infatti:
1. S. Isidoro scrive, che “lo stupro, cioè il ratto, propriamente è un accoppiamento illecito, desunto dall’atto di profanare: e quindi con il ratto uno s’impossessa di ciò che gode con lo stupro”. Perciò il ratto non dev’essere considerato una specie di lussuria distinta dallo stupro.
2. Il ratto implica una qualche violenza: poiché si legge nel Decreto (di Graziano) che “il ratto si commette quando con violenza si toglie una ragazza dalla sua casa paterna, per violarla e per sposarla”. Ma la violenza che si esercita contro qualcuno è accidentale alla lussuria, che di suo ha per oggetto il piacere carnale. Dunque il ratto non è una specie determinata di lussuria.
3. Il vizio della lussuria viene represso col matrimonio, come insegna S. Paolo: “Per evitare la fornicazione, ciascuno abbia la sua sposa”. Il ratto invece è un impedimento per il matrimonio; così infatti si espresse il Concilio di Meaux: “È stabilito che chi rapisce, ruba, o seduce una donna, non la può tenere per moglie, anche se dopo la riceverà come sposa col consenso dei genitori”. Dunque il ratto non è una specie determinata di lussuria distinta dallo stupro.
4. Uno può usare della propria sposa, senza far peccato di lussuria. Ma il ratto si commette anche coll’asportare violentemente dalla casa dei genitori la propria sposa per usare con lei. Dunque il ratto non va considerato una specie determinata di lussuria.

IN CONTRARIO: “Il ratto è un accoppiamento illecito”, come dice S. Isidoro. Ma questo si riduce a un peccato di lussuria. Quindi il ratto è una specie di lussuria.

RISPONDO: Il ratto di cui ora parliamo è una specie di lussuria. Talora esso è accompagnato da stupro; talora c’è il solo ratto senza stupro; e a volte abbiamo lo stupro senza il ratto. Le due cose coincidono quando uno fa violenza a una vergine per deflorarla. E questa violenza talora colpisce sia la ragazza che suo padre: talora invece colpisce il padre, ma non la ragazza, quando questa, cioè, consente ad essere tolta dalla casa paterna con la violenza. Inoltre nella violenza del ratto troviamo altre differenze: perché qualche volta la ragazza viene strappata con violenza dalla sua casa, e con la violenza viene violata; talora invece, sebbene venga tolta di casa con violenza, tuttavia viene violata col suo consenso, o con un atto di fornicazione, o con un atto matrimoniale. Purché comunque ci sia la violenza, si può sempre parlare di ratto. – Il ratto però può essere senza stupro: quando uno, cioè, rapisce una vedova, o una ragazza violata. Contro di essi sono le parole del Papa Simmaco: “Noi detestiamo i rapitori di vedove o di vergini, per l’enormità del loro delitto”. – Lo stupro poi è senza il ratto, quando uno deflora colpevolmente una vergine, senza farle violenza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Siccome per lo più il ratto è accompagnato da stupro, talora si prende l’uno per l’altro.
2. La violenza nasce dalla grandezza della concupiscenza, per cui uno non esita di fronte al pericolo di usar violenza.
3. Bisogna distinguere il ratto di ragazze già fidanzate con altri, dal ratto di ragazze non fidanzate. Le prime infatti vanno restituite ai loro fidanzati, che in forza degli sponsali hanno un diritto su di esse. Le altre invece prima vanno restituite ai loro genitori; e allora col consenso di questi si possono prendere per mogli. Se si procede diversamente il matrimonio è illecito: poiché chiunque ruba una cosa è tenuto alla restituzione. Però il ratto non dirime il matrimonio già contratto, sebbene impedisca di contrarlo.
Il decreto del Concilio citato vale come condanna di quel delitto, ma è abrogato. Ché anzi S. Girolamo dice il contrario: “Nella Scrittura si riscontrano tre tipi di matrimoni legittimi. Il primo è quello di una vergine casta data a un uomo in maniera legittima. Il secondo è quello di una vergine oppressa da un uomo nell’abitato: se il padre di lei vorrà, quest’uomo le darà la dote indicata dal padre, e ne ripagherà il pudore. Il terzo tipo si ha quando il padre riprende la ragazza rapita per darla a un altro”. – Oppure quel testo va inteso di ragazze già promesse ad altri: specialmente con formula indicativa di cosa presente.
4. Lo sposo, in forza degli sponsali ha un certo diritto sulla sposa. Perciò sebbene pecchi nell’usare la violenza, tuttavia è scusato dal crimine del ratto. Ciò spiega le parole del Papa Gelasio: “Secondo la legge degli antichi imperatori, si ha il ratto quando si rapisce una ragazza, senza nessun previo contratto di matrimonio”.

ARTICOLO 8

Se l’adulterio sia una specie distinta del peccato di lussuria

SEMBRA che l’adulterio non sia una specie distinta del peccato di lussuria. Infatti:
1. Adulterio deriva da ad alteram, cioè commercio con un’altra donna diversa dalla propria, come spiega la Glossa. Ma quest’altra donna può essere di tante condizioni: vergine sotto la tutela paterna, o meretrice, oppure di qualsiasi altra condizione. Dunque l’adulterio non è una specie di lussuria distinta dalle altre.
2. S. Girolamo fa osservare, che “non importa niente la causa per cui uno perde la testa. Infatti Sisto il Pitagorico afferma: “L’amante esagerato della propria moglie è un adultero””. Lo stesso si può dire per l’amore di qualsiasi donna. Ma in ogni tipo di lussuria si riscontra un amore esagerato. Quindi in ogni tipo di lussuria c’è adulterio. Perciò questo non va considerato una specie distinta di lussuria.
3. Dove si riscontra il medesimo disordine non possono esserci specie diverse di peccati. Ma nello stupro e nell’adulterio si riscontra il medesimo disordine, poiché nell’uno e nell’altro viene violata una donna che è sotto il potere di altri. Quindi l’adulterio non è una specie determinata e distinta di lussuria.

IN CONTRARIO: S. Leone Papa afferma, che “si commette adulterio quando, o portati dalla propria libidine, o per il consenso di un’estranea, si usa la copula con altra persona contro la fedeltà coniugale”. Ma questo implica nella lussuria un disordine speciale. Dunque l’adulterio è una specie determinata di lussuria.

RISPONDO: L’adulterio, come vuole la stessa etimologia, “è l’accesso all’altrui toro”. E in esso si può peccare in due modi contro la castità e contro la prole: primo, usando di una donna che non è la propria moglie, il che è richiesto per l’educazione della prole propria; secondo, usando la moglie di un altro, che pregiudica la prole altrui. Lo stesso si dica per la donna sposata che commette adulterio. Di qui le parole dell’Ecclesiastico: “Ogni donna che lascia il proprio marito commette peccato”: primo, perché “ribelle alla legge dell’Altissimo”, nella quale sta scritto: “Non commettere adulterio”; secondo, perché “lascia il proprio marito”, rendendone così dubbia la prole; terzo, perché “con l’adulterio una donna si procura dei figli da un’estraneo”, contro il bene della prole propria. Il primo motivo è comune a tutti i peccati mortali: gli altri due invece sono il disonore speciale dell’adulterio. Perciò è evidente che l’adulterio è una specie determinata di lussuria, implicando un disordine speciale nel campo dei piaceri venerei.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Se uno sposato ha commercio carnale con un’altra donna, il peccato commesso può essere considerato, o come appartenente a lui, e allora è sempre un adulterio; oppure come appartenente alla donna. In quest’altro caso talora è un adulterio, cioè quando lo sposato usa con la sposa di un altro; talora invece ha natura di stupro, o di altro peccato, secondo le diverse condizioni della donna. Infatti sopra abbiamo detto che le specie della lussuria si distinguono secondo le diverse condizioni della donna.
2. Il matrimonio, come abbiamo visto, è ordinato formalmente al bene della prole umana. Ora, l’adulterio è direttamente contrario al matrimonio in quanto viola la fedeltà che deve esserci tra i coniugi. E poiché chi ama troppo la moglie agisce contro il bene del matrimonio, e ne usa in modo disonesto pur osservandone la fedeltà, in qualche modo si può dire che è un adultero; ma più ancora lo è chi ama troppo una donna estranea.
3. La moglie è sotto il potere del marito come sposata: la ragazza invece è sotto il potere del padre come nubile. Perciò il peccato di adulterio compromette il bene del matrimonio in modo diverso dal peccato di stupro. E quindi sono due specie distinte di lussuria.
Degli altri aspetti dell’adulterio parleremo nella Terza Parte, nel trattare sul matrimonio.

ARTICOLO 9

Se l’incesto sia una specie distinta della lussuria

SEMBRA che l’incesto non sia una specie distinta di lussuria. Infatti:
1. Incesto suona non casto. Ma alla castità in generale, si contrappone la lussuria. Dunque l’incesto non è una specie di lussuria, ma la lussuria in genere.
2. Nel Decreto (di Graziano) si legge, che “l’incesto è l’abuso di donne consanguinee ed affini”. Ma l’affinità è distinta dalla consanguineità. Quindi l’incesto non è una specie unica di lussuria, ma una pluralità di specie.
3. Ciò che non implica un particolare disordine non costituisce una determinata specie di peccato. Ma usare come mogli donne consanguinee ed affini di suo non è un disordine: altrimenti non sarebbe stato lecito in nessun tempo. Dunque l’incesto non è una specie determinata di lussuria.

IN CONTRARIO: Le specie della lussuria si distinguono secondo le diverse condizioni delle donne di cui si abusa. Ma l’incesto implica una speciale condizione di queste donne; poiché esso è “l’abuso delle donne consanguinee ed affini”. Dunque l’incesto è una specie determinata di lussuria.

RISPONDO: Bisogna ammettere, come già abbiamo detto, una specie determinata di lussuria là dove si riscontra qualche cosa che ripugna all’uso legittimo dei piaceri venerei. Ora, nel commercio carnale con i consanguinei e gli affini c’è ripugnanza per tre motivi. Primo, perché per natura l’uomo deve un certo onore ai genitori, e di conseguenza agli altri consanguinei, che ad essi immediatamente si riallacciano nella loro origine: cosicché presso gli antichi, come riferisce Valerio Massimo, non era ammesso che un figlio potesse fare il bagno insieme al padre, per non vedersi nudi reciprocamente. Ora, è evidente che nell’atto venereo si ha un eccesso di spudoratezza che è incompatibile con l’onore: cosicché gli uomini se ne vergognano più di ogni altra cosa. Perciò è sconveniente che si abbia commercio carnale tra codeste persone. A questo motivo sembra accennare quel testo del Levitico: “È tua madre: non scoprire la sua nudità”. E lo stesso dice per le altre parenti.
Secondo, i consanguinei devono necessariamente convivere. Perciò se gli uomini non venissero distolti da questi commerci carnali, si offrirebbero loro continue occasioni; e così i loro animi sarebbero snervati dalla lussuria. Ecco perché nell’antica legge vien proibito in particolare il commercio carnale con tutte le persone con cui si deve convivere.
Il terzo motivo sta nel fatto che altrimenti si impedirebbe il moltiplicarsi delle amicizie: poiché quando uno prende per sposa un’estranea, si rende amici tutti i consanguinei di lei, come fossero suoi consanguinei. Ecco in proposito le parole di S. Agostino: “Una norma rettissima di carità presiede la vita degli uomini, facendo sì che si uniscano a formare un’utile ed onesta concordia con i vincoli di molteplici rapporti, non già permettendo la pluralità delle mogli, ma assegnando ad ognuno la sua moglie”.
Aristotele aggiunge un quarto motivo, affermando che se l’uomo, il quale già naturalmente ama le proprie consanguinee, aggiungesse al suo amore quello proprio dell’atto venereo, si avrebbe una passione eccessiva, e un incentivo massimo alla libidine; il che è incompatibile con la castità.
Perciò è evidente che l’incesto è una specie determinata di lussuria.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L’abuso dei consanguinei provocherebbe la più grave corruzione della castità: sia per le facili occasioni; sia per l’eccesso di passioni amorose, come sopra abbiamo detto. Ecco perché codesto abuso si chiama per antonomasia incesto.
2. Una persona diviene affine per la consanguineità di un proprio consanguineo. Perciò, siccome l’una cosa deriva dall’altra, consanguineità e affinità producono un disordine dello stesso genere.
3. Nel commercio carnale dei congiunti ci sono delle cose disoneste e ripugnanti secondo la ragione naturale, p. es., il coito tra genitori e figli, la cui cognazione è immediata; i figli infatti per natura devono onore ai loro genitori. E il Filosofo racconta che un cavallo, essendo stato spinto con inganno al coito con la madre, per l’orrore andò a gettarsi da sé in un precipizio, poiché persino certi animali sentono una naturale riverenza verso i genitori.
Invece nelle altre persone che non hanno una cognazione immediata, ma in forza dei genitori, non si riscontra di suo un disordine evidente: però la sconvenienza o la convenienza varia secondo le abitudini, e secondo la legge umana, o divina. Infatti l’uso dei piaceri venerei essendo ordinato, come abbiamo detto, al bene comune, sottostà alla legge. Per questo S. Agostino scrive, che “il commercio carnale tra fratelli e sorelle, quanto fu più antico per una stretta necessità, tanto poi fu ritenuto più condannabile per il divieto della religione”.

ARTICOLO 10

Se il sacrilegio possa essere una specie della lussuria

SEMBRA che il sacrilegio non possa essere una specie della lussuria. Infatti:
1. La medesima specie non può trovarsi in generi diversi non subalterni. Ma il sacrilegio è una specie dell’irreligione, come sopra abbiamo visto. Dunque il sacrilegio non può elencarsi tra le specie della lussuria.
2. Nel Decreto (di Graziano) il sacrilegio non viene enumerato tra le altre specie della lussuria. È perciò evidente che non è una specie di essa.
3. Come nella lussuria, così anche in altri generi di vizi, può capitare di compiere degli atti contro le cose sante. Ma nessuno pensa che il sacrilegio sia tra le specie del vizio della gola, o di altri vizi. Quindi esso non va considerato neppure una specie della lussuria.

IN CONTRARIO: S. Agostino afferma, che “come è un’iniquità non rispettare i confini dei campi per l’avidità di possedere, così è un’iniquità trasgredire i limiti dell’onestà per la libidine del piacere carnale”. Ora, violare i limiti dei campi, quando questi son cose sacre, è peccato di sacrilegio. Quindi per lo stesso motivo è un sacrilegio trasgredire per la libidine i limiti dell’onestà in cose sacre. Ma la libidine rientra nella lussuria. Dunque il sacrilegio è una specie della lussuria.

RISPONDO: Come sopra abbiamo già notato, l’atto di una virtù o di un vizio, quando è ordinato al fine di un’altra virtù o di un altro vizio assume la specie di questi ultimi: il furto, p. es., che viene commesso in vista di un adulterio, rientra nell’adulterio. Ora, è evidente che l’osservanza della castità in quanto è ordinata al culto di Dio è un atto della virtù di religione: il che risulta chiaramente in coloro che fanno il voto di verginità e l’osservano, come insegna S. Agostino. È chiaro quindi che anche la lussuria, in quanto viola qualche cosa che riguarda il culto di Dio, costituisce un sacrilegio. E per questo il sacrilegio può considerarsi tra le specie della lussuria.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La lussuria in quanto è ordinata al fine di un altro vizio, diventa una specie di esso. È così che una specie della lussuria può costituire la specie di un vizio più grave contrario alla virtù di religione.
2. Nel testo accennato vengono enumerati quegli atti che costituiscono per se stessi le varie specie della lussuria: invece il sacrilegio rientra nelle specie della lussuria in quanto è ordinato al fine di un altro vizio, o peccato. E può coincidere con diverse specie di lussuria. Infatti se uno abusa di una persona a lui legata da cognazione spirituale, si ha un sacrilegio che somiglia a un incesto. Se si abusa di una vergine consacrata a Dio, in quanto essa è sposa di Cristo, il sacrilegio somiglia a un adulterio; in quanto è sotto la tutela di un padre spirituale somiglia a uno stupro; e se si usa violenza si ha un ratto, che anche le leggi civili puniscono più gravemente di ogni altro ratto. Giustiniano infatti comanda: “Se uno osasse, non dico rapire, ma tentare il rapimento di vergini consacrate in vista del matrimonio, sia condannato a morte”.
3. Il sacrilegio si commette violando le cose sante. Ora, cose sante sono, o le persone consacrate, di cui si desidera il godimento carnale: e questo rientra nella lussuria; oppure i beni materiali di cui si desidera il possesso: e ciò rientra nell’ingiustizia. Si può far sacrilegio anche con l’ira: se uno, p. es., mosso dall’ira fa ingiuria a una persona consacrata; oppure si fa sacrilegio sumendo golosamente un cibo santo. Ma il sacrilegio si attribuisce in un modo tutto particolare alla lussuria, che è il contrario della castità, alla quale certe persone si sono consacrate in modo speciale.

ARTICOLO 11

Se il vizio contro natura sia una specie della lussuria

SEMBRA che il vizio contro natura non sia una specie della lussuria. Infatti:
1. Nell’enumerazione riferita sopra delle specie della lussuria non si fa nessun cenno del vizio contro natura. Perciò questo non è una specie della lussuria.
2. La lussuria si contrappone alla virtù: e quindi rientra nella malizia. Invece il vizio contro natura non rientra nella malizia, ma nella bestialità, come nota il Filosofo. Dunque il vizio contro natura non è una specie della lussuria.
3. La lussuria consiste in atti ordinati alla generazione umana, com’è evidente da quanto abbiamo detto. Invece il vizio contro natura consiste in atti dai quali non può seguire la generazione. Quindi il vizio contro natura non è una specie della lussuria.

IN CONTRARIO: Il vizio suddetto è enumerato da S. Paolo tra gli altri peccati di lussuria, là dove dice: “Non han fatto penitenza né dell’immondezza, né della fornicazione, né dell’impudicizia”; infatti la Glossa spiega: “Immondezza equivale alla lussuria contro natura”.

RISPONDO: Come già abbiamo notato, esiste una specie distinta di lussuria là dove si riscontra uno speciale disordine, che rende ripugnante l’atto venereo. E questo può avvenire in due maniere. Primo, perché ripugna alla retta ragione: il che si riscontra in tutti i peccati di lussuria. Secondo, perché oltre ciò ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell’atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura. Ciò può avvenire in più modi. Primo, quando senza nessun commercio carnale si procura la polluzione per il piacere venereo: e questo è il peccato di immondezza, che alcuni chiamano mollezza (o masturbazione). – Secondo, praticando la copula con esseri di altra specie: e questo si chiama bestialità. – Terzo, accoppiandosi con sesso indebito, cioè maschi con maschi e femmine con femmine, come accenna S. Paolo scrivendo ai Romani: e questo è il vizio della sodomia. – Quarto, non osservando il modo naturale della copula; o non usando i debiti organi; o adoperando nell’atto altri modi mostruosi e bestiali.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nel testo cui si accenna vengono enumerate le (sole) specie della lussuria che non ripugnano alla natura umana. Per questo manca il vizio contro natura.
2. La bestialità differisce dalla malizia, che è il contrario della virtù umana, per un eccesso riguardante la stessa materia. E quindi si può ridurre al medesimo genere.
3. Il lussurioso non ha di mira la generazione, ma il piacere venereo: il quale si può ottenere anche senza gli atti da cui segue la generazione di un uomo. E questo è quanto si cerca nel vizio contro natura.

ARTICOLO 12

Se il vizio contro natura sia il più grave dei peccati di lussuria

SEMBRA che il vizio contro natura non sia il più grave dei peccati di lussuria. Infatti:
1. Tanto più grave è un peccato, quanto più è contrario alla carità. Ora, è più contrario alla carità verso il prossimo l’adulterio, lo stupro e il ratto, i quali fanno ingiuria al prossimo, che i peccati contro natura in cui non si fa ingiuria ad altri. Perciò il peccato contro natura non è il più grave tra i peccati di lussuria.
2. I peccati più gravi son quelli che si commettono contro Dio. Ma il sacrilegio si commette direttamente contro Dio: poiché è un’offesa al culto verso di lui. Dunque il sacrilegio è un peccato più grave del vizio contro natura.
3. Un peccato è tanto più grave, quanto più si attua contro una persona che dobbiamo amare di più. Ora, secondo l’ordine della carità dobbiamo amare di più le persone a noi maggiormente legate, le quali vengono offese con l’incesto, piuttosto che le persone estranee, che vengono coinvolte in certi peccati contro natura. Quindi l’incesto è un peccato più grave del peccato contro natura.
4. Se il peccato contro natura fosse gravissimo, dovrebbe essere tanto più grave quanto più è contro natura. Ma la cosa più contro natura sembra essere il peccato d’immondezza, ovvero di masturbazione: poiché la natura soprattutto sembra esigere in quest’atto la distinzione tra agente e paziente. Perciò in base a questo la masturbazione sarebbe il più grave dei peccati contro natura. Ma questo è falso. Dunque i peccati contro natura non sono i più gravi tra quelli di lussuria.

IN CONTRARIO: S. Agostino afferma, che “tra tutti questi peccati”, cioè tra quelli di lussuria, “il peggiore è quello contro natura”.

RISPONDO: In ogni genere di cose, la degenerazione più grave è la corruzione dei principii, dai quali dipende ogni altra cosa. Ora, i principii della ragione umana sono i principii di natura; infatti la ragione, presupposto ciò che è determinato dalla natura, dispone il resto in conformità con essa. E ciò è evidente sia in campo speculativo che in campo pratico. Perciò, come in campo speculativo l’errore circa i principii noti per natura è quello più grave e vergognoso; così in campo pratico agire contro ciò che è determinato per natura è il peccato più grave e più nefando. E poiché nel vizio contro natura si trasgredisce ciò che è determinato per natura nell’uso dei piaceri venerei, ne segue che questo è il peccato più grave in tale materia. – Dopo viene l’incesto, il quale, come abbiamo detto, è contro la naturale riverenza dovuta ai propri congiunti.
Invece nelle altre specie di lussuria si trasgredisce solo ciò che è determinato dalla retta ragione: partendo dal presupposto dei principii di natura. Ora, ripugna di più alla ragione che uno usi dei piaceri venerei non solo contro il bene della prole da generarsi, ma anche con ingiuria verso la comparte. Perciò la semplice fornicazione che si commette senza far ingiuria a un’altra persona, è il più piccolo dei peccati di lussuria. – L’ingiuria invece è più grave, se si abusa di una donna soggetta al potere di un altro uomo in ordine alla generazione, piuttosto che per la sola tutela. Quindi l’adulterio è più grave dello stupro. – L’uno e l’altro diventano più gravi per la violenza. Per questo il ratto di una vergine è più grave di uno stupro, e il ratto di una sposa è più grave dell’adulterio. – E tutti questi peccati diventano anche più gravi per il sacrilegio, come sopra abbiamo accennato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L’ordine della retta ragione deriva dall’uomo, ma l’ordine della natura deriva da Dio. Perciò nei peccati contro natura, nei quali si viola codesto ordine, si fa ingiuria a Dio stesso, ordinatore della natura. Scrive quindi S. Agostino: “I peccati contro natura quali quelli dei Sodomiti, son sempre degni di detestazione e di castigo: e anche se fossero commessi da tutte le genti, queste sarebbero ree di uno stesso crimine di fronte alla legge di Dio, la quale non ammette che gli uomini si trattino in quel modo. Così infatti viene violato il vincolo di familiarità che deve esistere tra noi e Dio, profanando con la perversità della libidine la natura di cui egli è l’autore”.
2. Anche i vizi contro natura, come abbiamo spiegato, sono contro Dio. E tanto sono più gravi del sacrilegio, quanto l’ordine della natura ha una priorità d’inerenza e di stabilità su qualsiasi altro ordine successivo.
3. A ciascuno è più intimamente unita la natura della propria specie, che qualsiasi altro individuo. Perciò i peccati che sono contrari alla natura specifica sono più gravi.
4. La gravità di un peccato dipende più dall’abuso di una cosa, che dall’omissione del debito uso. Perciò tra tutti i vizi contro natura occupa l’infimo posto il peccato di immondezza, o masturbazione, che consiste nella sola omissione della copula con un’altra persona. Il peccato più grave è invece la bestialità, in cui non si rispetta la propria specie. Ecco perché la Glossa, spiegando quel passo della Genesi, “(Giuseppe) accusò i suoi fratelli di un peccato gravissimo”, aggiunge: “cioè di aver rapporti carnali con le bestie”. – Dopo di questo c’è il vizio della sodomia, in cui non si rispetta il debito sesso. – E quindi viene il peccato di chi non rispetta il debito modo nel fare la copula. È più grave però non usare gli organi debiti, che il disordine su altre cose riguardanti il modo della copula.


 
 
 

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