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LA FEDE: LA MEDICINA PER GUARIRE DAL DOLORE DELL’ABORTO
“Quanto sono poco conosciuti la bontà e l’amore misericordioso di Gesù.”
– S. Therese di Lisieux
E’ molto meno conosciuta la piena e autentica risposta della fede cattolica verso le persone che, sentendosi abbandonate ovvero sotto varie pressioni, hanno partecipato all’aborto procurato. Si suppone che la risposta della Chiesa consista meramente in un giudizio duro, persino nella condanna della persona post abortiva. In tale caso si dimentica troppo facilmente la Misericordia Divina. Forse quella Misericordia, di cui tutti abbiamo bisogno, non viene abbastanza insegnata, predicata, praticata. Insomma, la Misericordia e la Potenza salvifica di Gesù non sono abbastanza ben conosciute, e non sono abbastanza ampiamente vissute.
Cosa ne pensa il Papa?
Ecco alcune riflessioni recenti dei Santi Padri Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sulla risposta della Chiesa alla esperienza dell’aborto.
I primi tre brani vengono dalla lettera enciclica Evangelium vitae, promulgata il 25 marzo 1995 da Sua Santità Giovanni Paolo II. Mentre la Chiesa spesso viene accusata di “mettere tutta la colpa” sulla donna, il Santo Padre possiede una visione ampia e pienamente umana di fronte alla questione della responsabilità concreta per la tragedia di qualsiasi aborto procurato. Le parole di Papa Wojtila fanno eco delle esperienze di tante donne e uomini che per mezzo del Progetto Rachele, la Vigna di Rachele e altri programmi di guarigione spirituale dopo l’aborto, hanno trovato il coraggio di raccontare le loro storie.
“ .. Un pensiero speciale vorrei riservare a voi,
donne che avete fatto ricorso all’aborto.
La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito
sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi
s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica.
Probabilmente la ferita nel vostro animo non s’è ancor rimarginata.
In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto.
Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento
e non abbandonate la speranza.
Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato
e interpretatelo nella sua verità.
Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento:
il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono
e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione.
A questo stesso Padre ed alla sua misericordia
voi potete affidare con speranza
il vostro bambino.
Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti,
potrete essere con la vostra sofferta testimonianza
tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita.
Attraverso il vostro impegno per la vita,
coronato eventualmente dalla nascita di nuove creature
ed esercitato con l’accoglienza e l’attenzione
verso chi è più bisognoso di vicinanza,
sarete artefici di un nuovo modo di guardare alla vita dell’uomo.”
– Evangelium vitae 99 –
“A decidere della morte del bambino non ancora nato,
accanto alla madre, ci sono spesso altre persone.
Anzitutto, può essere colpevole il padre del bambino,
non solo quando espressamente spinge la donna all’aborto,
ma anche quando indirettamente favorisce tale sua decisione
perché la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza:
in tal modo la famiglia viene mortalmente ferita
e profanata nella sua natura di comunità di amore
e nella sua vocazione ad essere “santuario della vita”.
Nè vanno taciute le sollecitazioni
che a volte provengono dal più ampio contesto familiare e dagli amici.
Non di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti
da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all’aborto:
non v’è dubbio che in questo caso la responsabilità morale
grava particolarmente su quelli che
direttamente o indirettamente
l’hanno forzata ad abortire.
Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario,
quando mettono a servizio della morte
la competenza acquisita per promuovere la vita…”
– Evangelium vitae 59 –
“…E’ vero che molte volte la scelta abortiva
riveste per la madre carattere drammatico e doloroso,
in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento
non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo,
ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni,
quali la propria salute o un livello dignitoso di vita
per gli altri membri della famiglia.
Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali
da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere.
Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche,
non possono mai giustificare la soppressione deliberata
di un essere umano innocente.”
– Evangelium vitae 58 –
Per leggere tutto il testo dell’enciclica Evangelium vitae cliccare quì
“E’ più potente l’amore di Dio che il tuo peccato
L’uomo è più grande del suo peccato,
altrimenti, Gesù non sarebbe venuto a salvarci.
Pensa all’amore di Dio,
diventa amore
e non avrai tempo da perdere
nell’andare a immalinconirti.
Tu sei prezioso agli occhi di Dio!”
– Don Oreste Benzi
Altri commentari sulla fede cattolica e l’esperienza dell’aborto volontario:
Sua Santità Benedetto XVI ai vescovi del Kenya (visita Ad Limina 2007):
“… la comunità dovrebbe essere aperta a dare il benvenuto
a tutti coloro che si pentono di aver partecipato nel grave peccato dell’aborto
e dovrebbe guidarli con carità pastorale
all’accettazione della grazia del perdono,
il bisogno del pentimento
e la gioia di entrare ancora una volta
nella nuova vita di Cristo.”
Sua Santità Benedetto XVI ai partecipanti del Congresso internazionale
“L’Olio sulle ferite: una risposta alle piaghe dell’aborto e del divorzio” (05 Aprile 08):
“Avete anche volto la vostra attenzione al dramma dell’aborto procurato, che lascia segni profondi, talvolta indelebili nella donna che lo compie e nelle persone che la circondano, e che produce conseguenze devastanti sulla famiglia e sulla società… Quante egoistiche complicità stanno spesso alla radice di una decisione sofferta che tante donne hanno dovute affrontare da sole e di cui portano nell’animo una ferita non ancora rimarginata! …”
Il Santo Padre Benedetto XVI continua nello stesso discorso:
“…Sì, davvero gli uomini e le donne dei nostri giorni si trovano talvolta spogliati e feriti, ai margini delle strade che percorriamo, spesso senza che nessuno ascolti il loro grido di aiuto e si accosti alla loro pena, per alleviarla e curarla. Nel dibattito, spesso puramente ideologico, si crea nei loro confronti una specie di congiura del silenzio. Solo nell’atteggiamento dell’amore misericordioso ci si può avvicinare per portare soccorso e permettere alle vittime di rialzarsi e di riprendere il cammino dell’esistenza…..la Chiesa, sull’esempio del suo Divino Maestro, ha sempre di fronte le persone concrete, soprattutto quelle più deboli e innocenti, che sono vittime delle ingiustizie e dei peccati, ed anche quegli altri uomini e donne, che avendo compiuto tali atti si sono macchiati di colpe e ne portano le ferite interiori, cercando la pace e la possibilità di una ripresa.
A queste persone la Chiesa ha il dovere primario di accostarsi con amore e delicatezza, con premura e attenzione materna, per annunciare la vicinanza misericordiosa di Dio in Gesù Cristo… Sì, il vangelo dell’amore e della vita è anche sempre vangelo della misericordia, che si rivolge all’uomo concreto e peccatore che noi siamo, per risollevarlo da qualsiasi caduta, per ristabilirlo da qualsiasi ferita.”
Per leggere il testo completo del discorso del 05 aprile 2008, cliccare quì
“Giungere a conoscere Dio, il vero Dio, questo significa ricevere speranza.”
– Benedetto XVI, Spe salvi 3
Dopo l’aborto quale speranza?
Don Sergio Nicolli, allora Direttore dell’Ufficio della Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale Italiana, ha commentato:
“…È importante infatti che la comunità cristiana,
oltre alle già molte iniziative di prevenzione dell’aborto,
metta in atto iniziative adeguate per accompagnare
spiritualmente e psicologicamente
persone che, pur avendo scelto l’aborto,
ne portano drammatiche conseguenze nella vita personale e familiare.”
(Primavera 2007)
Gli inizi di un Progetto Rachele diocesano:
L’esempio di Sua Eminenza il Cardinale William Levada
nell’Arcidiocesi di Portland, Oregon (USA)
Dal 1986 al 1995 l’allora Arcivescovo Levada, ora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha servito la Chiesa di Portland, Oregon, lo Stato meno religioso degli USA. L’attuale coordinatrice del Progetto Rachele diocesano ricorda:
“L’Arcivescovo Levada è la ragione per cui il Progetto Rachele
è nato ed è diventato attivo nella nostra Diocesi.
Egli è proprio la persona che ha dato la spinta originaria
a quest’apostolato,
ed ha intrapreso il ruolo di leader
nel primo evento di raccolta fondi,
insieme ad una signora laica.
Egli stesso ha donato i primi 500 dollari per il Progetto.”
Le Diocesi italiane che hanno interesse nello sviluppare localmente un Progetto Rachele sono invitate a contattare Monika Rodman Montanaro, californiana che vive dal 2007 in Italia. Avendo lavorato per 12 anni a tempo pieno nella curia della sua diocesi d’origine, come direttrice del Progetto Rachele, Monika conosce bene la realità diocesana ed è disposta a consultarsi con le Diocesi italiane che vorrebbero iniziare una tale iniziativa per raggiungere ed accompagnare le donne e uomini che hanno abortito.
Un eventuale primo incontro pubblico nella Diocese potrebbe chiamarsi:
“Dopo l’aborto: quale speranza?”
Le statistiche più recenti indicano che nelle diverse regioni d’Italia tra il 20% e il 30% delle gravidanze finiscono in aborto procurato. Questo dramma, anche se spesso taciuto, colpisce donne, uomini e famiglie di ogni parrocchia e ogni strato sociale. Quest’incontro ci offre l’opportunità di sensibilizzarci alle poco riconosciute ferite lasciate dall’esperienza dell’aborto e di conoscere il Progetto Rachele diocesano e i ritiri spirituali della Vigna di Rachele, due iniziative per la guarigione interiore dopo l’aborto. Entrambe iniziative, nate anni fa negli Stati Uniti, operano in piena comunione con la Chiesa, accompagnando donne, uomini e coppie. Dal 2010 La Vigna di Rachele è attiva anche in Italia. Quest’incontro è aperto a tutti coloro che vorrebbero conoscere quest’apostolato che trasforma le vite ferite, offrendo amicizia e solidarietà, ed un’esperienza della misericordia di Gesù che riconcilia l’individuo e la famiglia con Dio e la Chiesa.
“Ti sei chinato sulle nostre ferite e ci hai guarito
donandoci una medicina più forte delle nostre piaghe,
una misericordia più grande della nostra colpa.
Così anche il peccato, in virtù del Tuo invincibile amore,
è servito ad elevarci alla vita divina.”
– Prefazio della Liturgia Ambrosiana